Ricette per il disastro: la plastica è servita

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Ricette per il disastro: la plastica è servita

la plastica è servita: ricetta per il disastro

Ad oggi, globalmente, produciamo 2 miliardi di tonnellate di rifiuti all’anno. Entro il 2030 potremmo arrivare a produrne più di 3 miliardi: una quantità spaventosa, come predetto dal rapporto della World Bank del 2018. 

Se poi consideriamo che solo una piccola parte viene smaltita correttamente o riciclata, e che i restanti rifiuti finiscono in discarica, con gravi conseguenze ambientali, la preoccupazione aumenta.

Ma questa è solo la punta dell’iceberg.  

Soffermatevi per un attimo a ragionare sul bicchiere di plastica che stavate usando per godervi la vostra bevanda rinfrescante, o su quel paio di jeans fuori moda che avete deciso di buttare o, perché no, su quel mezzo panino che non vi andava di mangiare, la cui sorte ultima è stata l’oblio del cestino. Ecco, dietro ognuno di questi oggetti, si cela un processo produttivo, lungo, dispendioso e nella maggior parte dei casi, altamente inquinante.  

Ci soffermiamo mai su quanto sia costato al nostro pianeta produrre quel semplice prodotto che ci troviamo tra le mani e che stiamo buttando con disinvoltura? Suvvia, siamo sinceri: non consideriamo l’inquinamento derivante dai rifiuti come l’ultima parte di un intero processo produttivo, cioè come l’epilogo di una catena disastrosa per l’ambiente e per noi che ne facciamo parte.  

Ma eccoci pronti a spiegarvi cosa si cela dietro alcuni dei materiali più comuni così, magari, ci penserete due volte prima di cestinarli a cuor leggero. Il mondo ve ne sarà grato.

Plastica: la disastrosa ricetta 

Economica, sterile e conveniente, la plastica oggi è ovunque. Da quando abbiamo capito come produrla ha rivoluzionato completamente le nostre industrie, andando a sostituire una vasta gamma di materiali che venivano prima utilizzati. Ma se da un lato la apprezziamo per le sue fantastiche caratteristiche fisico-chimiche, dobbiamo tenere conto anche dell’altra faccia della medaglia: l’inquinamento 

La sua durevolezza è sì, una dote da decantare, ma anche uno dei principali problemi da affrontare quando si parla di temi ambientali, in quanto, possono volerci anche migliaia di anni prima che si degradi. Ma per capire quanto questa sia dannosa per il pianeta dobbiamo considerare tutto il suo ciclo vitale, dalla produzione allo smaltimento, e partire quindi dalla materia prima necessaria per la nostra ricetta inquinante: il petrolio. 

L’oro nero è il primo combustibile fossile utilizzato per la produzione di plastiche. Per ottenere il nostro primo ingrediente iniziamo armandoci di trivelle per estrarlo dal sottosuolo, tramite un processo che condisce il tutto con una generosa dose di inquinamento atmosferico e idrico. Aggiungiamo ora le emissioni dovute al trasporto del nostro liquido nero e viscoso. Iniziamo a lavorarlo vigorosamente nelle raffinerie per ottenere poi i prodotti desiderati, come abbiamo già parlato in un altro articolo (usa e getta articolo link da aggiungere). Aggiungiamo quindi l’acqua necessaria alla produzione e più di 170 sostanze tossiche e/o cancerogene che vengono rilasciate nell’aria.  

Immaginiamo di voler produrre delle bottiglie: queste sono in PET, un materiale plastico, la cui produzione per kg richiede l’uso di oltre 17 litri di acqua e 2 kg di petrolio, per una ricetta ottimale. In questo caso, una volta prodotte le bottiglie trasportiamole verso il nostro supermercato di fiducia (aggiungere altra anidride carbonica in atmosfera), compriamole, e una volta bevuto il contenuto buttiamo la bottiglia.  

Abbiamo ottenuto un ottimo rifiuto che verrà così raccolto e smaltito da centri specifici che potranno riciclarlo, incenerirlo o portarlo in discarica. Globalmente solo il 9% della plastica viene riciclata, quindi aggiungiamo il rilascio di metalli pesanti, sostanze organiche (diossine e furani), gas, acidi e altre sostanze tossiche nell’aria, nell’acqua, e nei terreni, derivanti dall’incenerimento e dal deposito in discarica.  

Per terminare il nostro piatto altamente inquinante aggiungiamo le 8 tonnellate di plastica dispersa negli oceani annualmente, con conseguente contaminazione dei nostri mari e degli ecosistemi contenuti in questi. Condire il tutto con un filo di microplastiche, che rilasciate nell’ ambiente, finiscono nella catena alimentare, vengono ingerite dagli animali o assorbite dalle piante e così, infine, arrivano a noi, consumatori ultimi del disastroso piatto.  

Consigli dello chef 

Questa era, in breve, la ricetta più usata ad oggi per la maggior parte della plastica. Speriamo vi sia utile per capire quanto si nasconde dietro tutti quegli oggetti che giornalmente tendiamo a buttare senza dargli il giusto peso o che non ricicliamo correttamente innescando una catena di eventi dannosa per il nostro pianeta.  

Noi di Ambiente Solidale, da sempre, ci impegniamo nelle attività di raccolta, riciclo e informazione, le nostre armi migliori per cercare di abbassare le dosi previste da una ricetta antiquata e che va cambiata al più presto. Ma non temete, abbiamo altre ricette in serbo per voi. Continuate a seguirci per scoprirle tutte.

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